martedì 30 marzo 2010

La principessa bella e terribile come esercito schierato a battaglia


Progetto "Il Drago dalle Sette Teste" su cui lavoro da una vita, vediamo se riusciamo a vederne al fine...

domenica 28 marzo 2010

Frigolandia


Illustrazione per portfolio "Manco" edito da Frigidaire.

La poesia che ho illustrato:
LUGLIO
C'era vento, ed era ruvido di sale, il giorno in cui sei arrivato.
Con l'armatura di velluto delle api,
e gli occhi tremanti di barche consumate.
Passi da uomo solo.
Lenti.
Lenti.
Ed io con gli occhi ti imploravo.
Di volarmi incontro.
Di aggredirmi di respiro,
di rubarmi, di tradirmi,
di capirmi.
In ginocchio.
Mi vedi quando bacio la tua fronte.
Nel sonno sfigurato degli stanchi.
Vestendomi di stracci e di saliva.
Spingendo le tue labbra sul tuo sangue.
Come può restare intatto il mondo,
se il mio pugno offende la pazienza?
Come puoi non piangere il destino
di un binario incandescente di deserto?
Nel mio ventre.
La vita mi ricorda che muoio ogni volta che non credo.
Che è inverno.
Che è dilatazione di luce per il giullare cieco.

sabato 27 marzo 2010

Scotch Girls







Qualcosa di diverso.
Pupazze di scotch realizzate nel 2008 a Tricase (LE) e Torino.

giovedì 25 marzo 2010

Sora Liberà

sabato 20 marzo 2010

Per fare una poesia d'amore ci vuole

La seconda di tre poesie d'amore (o quasi).

lui è gianluca rizzo (un ami à moi).

"nessun segreto" mi ha risposto. quindi ecco:


Seconda


Ti parlerò in versi

(come si fa con gli operai) alla fine del turno:


Per fare una poesia d’amore ci vuole

l’elicottero (convesso, cortese, adombrato)

[les femmes et les hommes croyaient aux prophètes]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

il coltello (illustrato, marittimo, indeciso)

[le Sud inopportun vint relever notre jeune misère]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

l’ombrello (galante, magnanimo, dimesso)

[les abitants le reçurent avec une joie curieuse]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

il vetriolo (preciso, pertinace, calvo)

[tout semblait devoir être trop content ce soir-là]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

l’orologio (compassato, enfatico, al fulmicotone)

[ils l’avaient vu, secoué par la sainte colère]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

la spatola (insistente, partigiana, parca)

[les infirmes descendaient, ne raillant plus; mais avec envie]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

l’abbecedario (madido, puntuale, ribelle)

[à Samarie, plusieurs ont manifesté leur foi en lui]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

lo specchio (demotico, popoloso, di bella presenza)

[miracle de la jeunesse, pâle et furieuse]


Per fare una poesia d’amore ci vuole

l’anticristo (stellato, rapace, dolente)

[l’officier s’en alla, comme on porte quelque pharmacie légère]


Ci verresti con me a prendere

un vèrmouth (un chinotto, una strega)?

venerdì 19 marzo 2010

mancava un pò di colore

lunedì 15 marzo 2010

venerdì 12 marzo 2010

SKATE


"Skate" tra i 30 finalisti di A-Tube (The Global Animation Film Festival 16-23 maggio 2010-Varese).
Per vedere il videoclip "Skate" qui

mercoledì 10 marzo 2010

ancora lei

Liberata Porretta



è sempre lei...

martedì 9 marzo 2010

mia nonna


Questo non ce l'ho messo sul sito, perchè fa un pò impressione.
E' mia nonna. Mia nonna urla ogni tanto.
Tipo urli isterici, di quelli che fai quando ti vuoi sfogare.
Comunque mia nonna è più vecchia di così.
Mia nonna è un'ottima musa.

sabato 6 marzo 2010

disegnetto

venerdì 5 marzo 2010

Per Cominciare

Tanto per cominciare in allegria e per rompere il ghiaccio copio e incollo un articolo rubato al sito di ASIFA (il link che ancora non ho imparato ad inserire http://www.asifaitalia.org/?p=3255)

Tommaso l'ho conosciuto proprio al FFF, ed è molto molto bravo, e quello che scrive è molto molto vero.

Mi chiamo Tommaso Cerasuolo, ho 37 anni e faccio il cantante in un gruppo rock – Perturbazione - e l’animatore. Ho unito queste due passioni nei videoclip musicali che ho diretto e animato per il mio gruppo e per altri musicisti italiani (Paolo Benvegnù, Marco Notari, Farmer Sea, Stefano Giaccone e Mario Congiu).

Vi racconto due cose che ho imparato sul videoclip e sul suo mercato, sperando possano servire ad altri giovani autori o incuriosire gli addetti ai lavori.

Partiamo dalla fine: Mtv e All Music (ora DJ) così com’erano negli anni pre web 2.0 e Youtube non esistono più.

Trasmettono ancora videoclip, ma gli spazi si sono ridotti e soprattutto l’attenzione si è spostata altrove. Dove? Qui viene il difficile. Nessuno lo sa di preciso. Ma quando il tuo video oltrepassa le 100.000 visualizzazioni su Youtube, allora sai che qualcosa sta funzionando e che le cose cominciano a viaggiare per conto loro. Chiedetelo a Stefano Bertelli autore del videoclip di Cinestetica per il gruppo Marta sui Tubi o a Donato Sansone nel campo del cortometraggio.

Prima di quella boa tuttavia il discorso si fà nebbioso. Come si misura la popolarità di un videoclip? Come fanno i musicisti, i manager e la casa discografica – o quel che ne rimane – a capire se quel video, e quindi quei soldi spesi nel produrlo, è servito al proprio scopo, ovvero a promuovere il musicista? Una volta passavi o non passavi. E ora?

Tutto ciò ha determinato un crollo nei budget destinati alla produzione di videoclip, in Italia e nel mondo, legato a doppia mandata alla crisi discografica. Nella crisi, meglio viaggiar cauti. Così se un tempo per un artista emergente una casa discografica multinazionale, le cosiddette major, poteva stilare un budget tra i 7.000 e i 15.000 euro, ora queste cifre non sono nemmeno più prese in considerazione per i nomi di grosso calibro. La parola d’ordine negli uffici è diventata: vogliamo un’idea brillante che sia facile da girare. Ce l’hai? Ecco 3.000, 2.000, molto spesso 1.000 euro. Queste le cifre attuali. Non parlo solo della mia situazione. Sono dati che ho riscontrato chiaccherando con numerosi registi, tra cui il talentuosissimo regista britannico Chris Hopewell, ospite all’ultima edizione di Lucca Animation nel marzo 2009. Se và così in Inghilterra, figuratevi nello stivale…

Ma è davvero così tragica la situazione? Paradossalmente, nel settore del videoclip d’animazione si produce di più! I motivi sono molteplici. Il primo è semplice: chi era sfigato prima, nella crisi se la cava bene, perché è abituato a remare. Una sorta di samurai della produzione video: lavorerai sempre troppo, sbaglierai sempre i calcoli sui tempi di consegna e di fattibilità e sbaglierai i conti economici, non avrai mai il tempo di correggere gli errori, ecc ecc.

Eppure, in questa corsa al nuovo linguaggio l’animazione se la cava benone, è percepita dal mercato discografico come fresca e nuova. E quindi non è un caso se negli ultimi anni i premi annuali delle poche manifestazioni italiane dedicate al videoclip e alla sua valorizzazione artistica e culturale (P.V.I. Premio Videoclip Italiano di Milano e P.I.V.I. Premio Italiano Videoclip Indipendente patrocinato dalM.E.I. Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza) abbiano visto sul podio molti registi d’animazione. Il Festival I Castelli Animati di Genzano di Roma ha dedicato a questo genere il premioMusica Animata per il miglior videoclip d’animazione dell’anno, e qui me la tiro un poco, scusate, scrivendo che negli ultimi due anni me li sono portati a casa io e ringrazio per la stima! Comunque, bando alle ciance.

Veniamo al lato oscuro della forza. Come musicista ho avuto modo di essere testimone di una crisi di valori che non è nuova ma spaventa ancor di più in questi tempi oscuri. Troppo spesso musicisti, manager o discografici continuano a scegliere le scorciatoie, dimostrandosi miopi e rincretiniti dalle scarse prospettive culturali e dalla cronica mancanza di denaro. Quali sono le scorciatoie? Si chiamano contest, giovanissimi creativi e scuole.

Contest: invece di sforzarti e collegare la tua canzone alla poetica di un autore che stimi, invece di guardarti attorno ed essere curioso, il tuo stolto manager ti propone di mettere un premio di 1.000 euro al giovane autore che realizzerà il più bel video della tua canzone, spesso con la complicità di un portale internet o di una rete televisiva, diciamo un media partner. Risultato: 30, 50, 100 ragazzoni che vivono in famiglia e non hanno bollette da pagare (ancora) si buttano anima e corpo e producono 30, 50 o 100 film! Ma solo uno ce la farà! Vi ricorda qualcosa? Vi dò un aiutino: comincia per Maria e finisce per De Filippi. E’ il mercato del pesce e succede anche tra i fieri artisti indipendenti.

Scuole: il manager vi chiama e vi dice che un importante scuola italiana che nei suoi programmi ha anche dei corsi d’animazione sarebbe disposta a far realizzare ai suoi studenti il vostro prossimo videoclip, non costerà nulla o quasi, forse non sarà bellissimo, ma vuoi mettere, è gratis, e loro si fanno lo stage nel mercato del lavoro. Che infatti usciti dalla scuola li rigetterà, perchè nuovi studenti si iscriveranno. Vi suona familiare? La recente crisi ha reso ancora più labile il confine tra chi ha successo e chi fà solo finta di averlo, e viceversa. Ma dove inizia il confine tra l’emergente e il professionista? Io ho fatto 5 dischi col mio gruppo e ho 37 annni, ma vi assicuro che ancora scrivono di noi che siamo emergenti. No grazie, siamo sommersi…

In conclusione voglio ricordare che nella grandissima parte dei casi i videoclip d’animazione sono lavori con una forte impronta artistica: la miccia che mi accende non è mai di tipo economico, si tratta invece della possibilità di esprimere e raccontare le mie idee modellandole su una musica che mi emoziona. Credo che ciò valga per tanti colleghi che si avventurano nella produzione di un videoclip.

I musicisti e il mercato discografico dovrebbe ricordare sempre una fondamentale regola: senza il tempo siete fregati, siamo fregati! E’ una semplice legge dell’economia. Tre ingredienti: qualità, tempo e denaro. Se un elemento scende deve aumentare l’altro, altrimenti salta l’equazione e con lei la qualità del videoclip.

Allora perchè tanti continuano a chiamare chiedendoti: ho due mesi, 1.000 euro e mi serve una buona idea?

Eccola: cambia mestiere.